Il lavoro delle donne in casa è spesso stato privo di riconoscimento economico e sociale. Ma non è il solo. Molte cose che riguardano le donne rimangono ancora nell’ombra, poco narrate, individuate, comprese.
Proprio questo vuoto, questo tassello mancante nella società, correla con il dato statistico per cui sono proprio i disturbi depressivi a riguardare maggiormente il genere femminile. Ne parliamo al plurale perché con il nome comune “depressione”, si intendono solitamente diverse patologie.
Depressione post-parto o perinatale, cos’è?
Un tipo di depressione particolare è rappresentato dalla depressione post-parto o perinatale. Non ha una categorizzazione a sè stante, perché viene considerata un sottotipo della depressione maggiore. Riguarda i forti cambiamenti a cui va incontro la madre e la coppia durante tutte le fasi preparatorie alla nascita di un bambino. La depressione perinatale può accadere entro quattro settimane dal parto e in alcuni casi inizia durante la gravidanza stessa.
Accade sempre invece, ed è cosa ben diversa, che vi sia uno stato di umore depresso transitorio, tra il terzo e il quindicesimo giorno dopo il parto, che è il Baby blues. Dovuto a un calo fisiologico degli ormoni, la donna può sentire, a diversi livelli, di essere: stanca, vulnerabile, irritabile, inadeguata, preoccupata, impaurita. Tutto questo è anche normale se pensiamo a tutti i compiti nuovi e carichi di intensità emotiva che la investono. Mentre dovrà curarsi di sè per il grande lavoro appena svolto prima e durante il parto, sarà necessario che impari ad amare una creatura non sempre immediatamente comprensibile e a cui non si è mai abbastanza preparate. Sono compiti che riguardano l’essere madre ma che coinvolgono il suo essere donna, figlia e compagna per come lo era stata fino a quel momento.
E’ un vuoto improvviso se confrontato a quel senso di calore e pienezza sperimentato in gravidanza. Ma certo anche qui, come per ogni malessere, il ruolo della grande e piccola società intorno a noi, influisce e determina.
Il babyblues è una condizione ormonale
Il Baby blues è una condizione come detto ormonale, ma la solitudine ne amplifica la dimensione. In mancanza di confronto diretto o presenza, la donna non ha come comprendere quello che le sta accadendo e non riceve quell’aiuto pratico che pure giocherebbe un ruolo importante. Le amiche coetanee spesso non hanno ancora figli o sono chiuse nel loro nucleo familiare, le nonne, le zie, le cugine e le sorelle non vivono con noi e non le vediamo tanto spesso, il marito è a lavoro. In situazioni come quella che stiamo vivendo, in quarantena, il baby blues può aggravarsi.
Subentra la vergogna, più si è soli e più cresce, non si vuole condividere o dare rilevanza al proprio sentire e nel frattempo il bimbo piange. Ci si sente così, oltre che tristi: incapaci. Ma le donne devono poter discutere e confrontarsi sui temi che le riguardano, trovare soluzioni, avere segreti tra loro, mostrare quello che fanno.
La CONDIVISIONE risulta essere ancora una volta un’arma vincente.
Una condivisione non generica ma mirata: una condivisione che implichi CURA e CONTATTO da ricevere. Non saranno mai troppe le attenzioni dedicate a una donna che ha appena partorito. Quelle cure le permetteranno di sostenere il delicato compito di occuparsi di un piccolo, la inviteranno ad usare verso se stessa la stessa delicata attenzione che riserva al suo cucciolo.
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Articolo scritto dalla psicologa Stefania Coniglio